La società con le sue miserie e le sue contraddizioni è al centro della ricerca di Paolo Naldi, un artista che sa offrire in chiave parodistica una metafora della stessa esistenza, della vita, della morte, una attenta parafrasi dell’assurdità e dell’ambiguità della condizione umana; ciò che propone con grande forza evocativa è una collettività in sfacelo, cruda nelle scene dure, anche violente, è una realtà spesso dimenticata ma viva e vera.
L’artista si serve della lezione interiorizzata dell’Impressionismo per <aggredire> con la suo fare arte il mondo contemporaneo, rivelandone ciò che spesso viene nascosto perché scomodo. Egli scandaglia i meandri dell’inconscio collettivo, individuando nella crisi del rapporto tra gli uomini e nella visione della realtà piccolo-borghese la causa dei mali.
Questo processo di trasfigurazione si basa generalmente su di un linguaggio fatto di assenza di colore, che accresce l’effetto violento dei suoi soggetti ed impone profonde riflessioni; affiorano così elementi inquietanti come i personaggi con la testa di morto a sottolineare l’assioma che questa realtà non può cambiare se l’uomo non riesce ad accorgersi della propria situazione, di quella <sete> di egoismo e di avidità che ne tarpa la sua essenza, di quella voglia di affermare sé al di là di tutto che porta l’uomo ad agire contro l’uomo e di incamminarsi verso la distruzione totale.
Per Naldi la concezione della luce acquisisce progressivamente suggestioni spirituali e valenze simboliche fino ad arrivare ad una significativa assenza dei colori; ed è allora che il suo lavoro cambia decisamente registro e l’atmosfera si tinge di una penombra dal sapore intimistico e crepuscolare e di una <corposa> sofferenza emotiva che tutto pervade. A rischiarare i soggetti presentati sorge una luminosità innaturale, quasi fiabesca, che dissolve le forme in una fluidità cromatica dall’essenza gelidamente inespressiva, immersa in un tempo immobile.
La grande metafora dell’esistenza, in chiave parodistica, vive in Naldi in una satira della società moderna, della vita, della morte, dello Stato precostituito e dell’ipocrisia, in una parafrasi dell’assurdità e dell’ambiguità della condizione umana, espresse con un’enfasi tragica in cui l’ironia, feroce ed impietosa, ed il filtro del simbolismo non riescono a governare una componente di angoscia ansiosa che si espande e intride tutta l’opera mettendo tutti in risonanza con le più oscure e rimosse paure interiori.
Il suo discorso sull’ossessionante dramma della vita umana, alimentato dall’ipocrisia e della falsità della società, si avvale di un nuovo linguaggio fatto di elementi essenziali e crudi, mentre la morte, spettatrice di tanti orrori, pare affermare, come dicevano i latini, «memento mori».
Carlo Roberto Sciascia
Paolo Naldi, Civil Rules, personale a cura di Carlo Roberto Sciascia, “il Castello” Centro D’Arte Contemporanea, Maddaloni (Caserta), 2013